Quarta uscita del corso base di sci alpinismo della scuola Alto Lario.
In programma saremmo dovuti andare in valle Engandina, ma il nostro scout Olivio che è andato in perlustrazione sabato, ha purtroppo constatato che di neve ce n’erta davvero poca e allora siccome il viaggio è davvero lungo, il direttore Giuliano ha deciso che non ne valeva la pena, dirottando il corso in valle Spluga all’omonimo passo.
In ballo c’erano due mete: le cime della lunghissima e piatta val Loga, oppure il Lattenhorn sotto l’imponente piramide del Tambò. Sul posto abbiamo poi incontrato la scuola di Valmadrera che si infilava nella lunga valle e allora noi abbiamo preferito risalire la strada del passo e dirigerci al Lattenhorn.
Gli allievi ormai hanno acquisto le tecniche di salita e quindi ci siamo concentrati più su altri aspetti, come la scelta della traccia, la nivologia e le valutazioni del pericolo valanghe.
I gruppi più veloci sono arrivati fino alla spianata sotto la cima, mentre i più lenti si sono accontentati di sfiorare le rocce della quota sommitale del Tamborello 200m più in basso.
Scavato un ampio buco nella neve, abbiamo potuto apprezzare i vari strati delle scarse precipitazioni di questo arido inverno, constatando evidenti croste di ghiaccio nascoste dalle recenti tormente di neve.
Ricoperto il buco per non creare una trappola per successivi sciatori, ci siamo settati per la discesa: la neve non era male nelle zone levigate dal vento, ma lastre di ghiaccio superficiale dovute alla fusione diurna e rigelo notturno insidiavano la nostra sciata.
Vallette, traversi e canali ripidi ci hanno portato fin sulla strada, dove bastava far scivolare gli sci senza fatica per arrivare fino alle macchine.
Veloce merenda prima di salutarci e darci appuntamento alla prossima lezione di topografia.
Terza uscita del corso base della Scuola Alto Lario con una classicissima della Val Bedretto, da dove passa il fiume Ticino. Il meteo incerto ha costretto il direttore Giuliano a dover aspettare l’ultimo bollettino dal sabato pomeriggio per scegliere una gita alla portata degli allievi in erba e che fosse al tempo stesso in buone condizioni di neve e lontana da pericoli metereologici.
Lo sfondamento da N che era previsto per il pomeriggio di domenica, ci ha infatti lasciato una finestra di bel tempo per tutta la mattina.
Solo arrivati al deposito sci sotto la vetta il vento ha cominciato a farsi sentire impetuoso, ma per fortuna non così forte da impedirci di salire fino in cima al Poncione di Val Piana per una foto in pieno sole.
I gruppetti partono alla spicciolata dal parcheggio sulla strada per il Nufenen pass e con non poche difficoltà si inerpicano su per il ripido pendio che risale l’elettrodotto, prima di entrare nell’ampia val Cavagnolo. Quest’anno con la penuria di neve che c’è ci sono tutti i cespugli ancora fuori e solo qualche piccola valanga qua e la.
Il freddo è pungente, ma per fortuna il vento non si fa quasi sentire e quindi si riesce a sopportare bene.
Arrivati al sole ci rifocilliamo un pochino, ma si riparte subito alla volta del colletto dove poi si prosegue per fare il giro del Cristallina. Li sopra lasciamo gli sci e a piedi senza ramponi, saliamo tutti (o quasi) in alto alla nostra meta. Rapida foto perché il vento ci sferza aghi ghiacciati sulla faccia e poi di nuovo giù a riprendere gli sci.
La discesa non è un gran che: il forte vento dei giorni scorsi ha rovinato la neve e pure i più bravi fanno fatica a divertirsi. Solo nelle poche zone di debole accumulo si riescono a fare due curve decenti.
Sfruttando un angolo defilato dal percorso di discesa effettuiamo un’esercitazione di ricerca ARtVA, sondaggio e scavo.
La discesa poi prosegue nel frigorifero, perché ormai il sole è dietro al Grandinaggia e il vallone è quasi tutto in ombra. Pure qualche fiocco di neve portato si fa vedere, ma in breve allievi ed istruttori riattraversano il ponte sul Ticino, complimentandosi gli uni con gli altri per la bella gita appena conclusa.
Merenda veloce-veloce e poi tutti a casa; non vediamo l’ora di rincontrarci per la prossima lezione.
Seconda uscita del corso AR1 della Scuola Alto Lario in una giornata meravigliosa passata in Grignetta.
Dopo le prime fondamenta di nodi, soste e calate fatte al sicuro nella palestra Vertical Block di Cantù, i corsisti e gli istruttori erano stati ai piani di Bobbio per un primo assaggio dell’arrampicata su roccia vera, ma il brutto tempo del fine settimana scorso ci aveva limitato nello svolgimento del programma. Sabato passato a ripassare le manovre di sicurezza e legature, prima di una divertentissima e conviviale serata al rifugio Lecco.
Per fortuna poi la domenica è stata abbastanza clemente, da consentirci di svolgere il programma ed effettuare diverse salite sulle falesie circostanti. Primo battesimo sul calcare del vallone dei Camosci fatto per tutti.
Ma veniamo poi alla memorabile giornata passata fra le guglie dolomitiche della nostra prossima e amata Grignetta: già salendo da Ballabio con la macchina, i nostri sguardi si beavano di fronte alla bellissima fotografia di questa ripidissima montagna illuminata dalle prime luci del sole. È settembre ma già i boschi sono colorati di mille tonalità per il lungo periodo di siccità in corso.
Colazione al Forno della Grigna e poi i gruppetti si dirigono verso le varie destinazioni.
Il Direttore del Corso aveva invitato gli allievi a documentarsi sulle possibili vie da affrontare, per avanzare quindi la loro proposta al rispettivo istruttore. Pertanto, a seconda del livello di capacità, i gruppetti si sono cimentati su lunge ma facili vie normali, oppure su brevi varianti più difficili. C’è persino stato chi è riuscito a ricalcare le orme dei più forti scalatori dello scorso secolo, affrontando delle vie aperte dal mitico Riccardo Cassin, o gente come Rizzieri-Vitali, che salirono queste pareti lo scorso secolo. Ci soffermiamo a pensare a che grandi alpinisti siano stati: noi oggi con scarpette e friend, loro con scarponi, martello e chiodi d’acciaio.
La vista tutt’intorno le pareti della Grigna Meridionale è da togliere il fiato: torrioni, guglie, canaloni, paretine, pinnacoli, persino sigari e funghi di pura roccia.
Le varie cordate si distribuiscono agli attacchi delle rispettive vie: c’è chi stranamente non trova quasi nessuno e chi invece è costretto ad arrampicare a singhiozzo, dato l’elevato numero di frequentatori. La temperatura però è ideale: non troppo caldo al sole e non troppo freddo sulle pareti in ombra. Persino il vento è praticamente assente; insomma, davvero una giornata meravigliosa!
Fra calate nel vuoto dove i tuoi piedi non toccavano la roccia, tratti esposti, pezzi facili da fare in conserva, lame, placche, diedri, camini e facili disarrampicate, ovunque ti giravi c’era sempre il lago da ammirare. Ottimo clima nella Scuola Alto Lario. Gli allievi tornano a casa tutti soddisfatti, avendo passato una domenica di puro divertimento sotto la vigile guida dei vari istruttori.
Birra ristoratrice ai Resinelli, mentre già si fantastica sulla prossima meta: Rocca Sbarua.
Ultima gita del corso AG1 della Scuola Alto Lario sul gruppo del Monte Rosa.
Partiti prima dell’alba dal Rifugio Mantova con l’intenzione di fare una scorpacciata di 4000m, siamo riusciti nell’intento: alcuni di noi sono riusciti a farne tre, altri due.
I più veloci ed arditi hanno salito l’affilata cresta della Parrot, per poi bissare con le cordate più lente sulla Ludwigshöhe, ed infine c’è stato chi, avendo ancora abbondanti energie, ha salito pure la Vincent, chi invece si è accontentato del Balmenhorn. 😄
Rientro in sicurezza al rifugio: noi alle 10:45 eravamo fuori dal ghiacciaio. Abbiamo invece incrociato cordate incoscienti, che alle 10 del mattino salivano con l’intenzione di guadagnare una vetta. Fuori dalla traccia a quell’ora si affondava già fino alle caviglie. 😱
Solo un pelo di freddo sulla cresta della Parrot e della Ludwigshöhe, perché erano esposte al vento.
Arrivati al rifugio ci siamo meritati un bel pranzetto sui tavoli della terrazza al sole, brindando alla salita con una ristoratrice birra.
Allievi contenti e giornata spaziale. 🤩
Rientro in funivia fra le nuvole, per concludere una due giorni in alta quota.
Penultima uscita del corso AG1 della Scuola Alto Lario nel parco del Gran Paradiso.
Partiti da Pont verso mezzogiorno, con buon passo siamo saliti al rifugio Vittorio Emanuele, dove ci siamo rifocillati un momento, per subito dopo andare a cercare un sassone, per far fare agli allievi un’esercitazione di salita su corda fissa e discesa in corda doppia.
Il mattino dopo siamo riusciti a far colazione prima di tutti e partire quindi quasi per primi alle 4.
Con le frontali abbiamo quindi iniziato la salita sulle infinite morene, per andare all’attacco della ferrata che ci avrebbe portato sulla Schiena d’Asino. Sempre bella la variante dalla ferrata: corta e non difficile, che mette in po’ più di pepe alla classica normale dal ghiacciaio.
Fuori dalla scalata attrezzata, abbiamo calzato i ramponi e guadagnato la prima parte del ghiacciaio sulla Schiena d’Asino, dove ci siamo incrociati con le altre numerose cordate che arrivavano dai rifugi.
Ultima rampa per arrivare in vista della Madonnina.
Con pazienza (quasi un’ora) ci siamo fatti la coda per salire la balza rocciosa che ospita la statuetta bianca e farci la classica foto ricordo.
Discesa sul passagino esposto con la parete che fila giù a picco per cinquecento metri, per poi rientrare sulla comoda traccia del ghiacciaio.
Lunga discesa sulla neve ormai molle, mentre salivano altre cordate in esagerato ritardo; il giorno dopo leggeremo la notizia, che il soccorso alpino ha dovuto tirarne fuori qualcuno nel pomeriggio.
Veloce spuntino e breve riposo al rifugio, per poi continuare l’infinita discesa verso il parcheggio.
Primo quattromila guadagnato: allievi super soddisfatti e contenti.
Lunedì 25 aprile grazie ad una finestra di bel tempo in un fine settimana all’insegna dell’instabilità atmosferica la Scuola Alto Lario è riuscita a recuperare una gita del fitto calendario, che purtroppo per mancanza di neve e per brutto tempo, si sta posticipando di weekend in weekend.
Partiti sci ai piedi dal parcheggio in Valmalenco, ci siamo diretti verso l’Alpe di Campagneda prima e verso il Cornetto poi. Mille pertichette sulla gobba pelata che divideva due lingue di neve con importanti accumuli da vento, per arrivare al colle dove inizia a vedersi la piramide dello Scalino.
Altra rampa prima di arrivare sulla vedretta tutta coperta dalla neve caduta nei giorni precedenti e poi gli ultimi metri per arrivare al deposito sci.
Arrivarti al colle ci siamo resi poi conto che le nuvole stavano avanzando da dietro il crinale e che quindi non c’era tempo per salire fino in vetta.
Via le pelli e giù per la discesa a godere di cento curvette sui pendii intonsi.
Alcuni passaggi ripidi poi ci obbligano a far passare uno alla volta, perché basta il passaggio di un solo sciatore per innescare degli scivolamenti.
Gita di ripiego divertente in ambiente d’alta montagna.
Allievi contenti e soddisfatti. Ci vediamo alla prossima uscita.
Ecco arrivata l’ultima uscita del corso monotematico M-F1 che ci porta nella lontana Val di Susa e più precisamente a salire il monte Pirchiriano per il suo lato N-E, dove sulla cui vetta, da oltre mille anni, sorge la maestosa Sacra di San Michele.
La salita è evidente fin dall’autostrada, perché si nota la striscia di roccia segnata dalle centinai di passaggi degli escursionisti, che seguono la via ferrata dedicata a Carlo Giorda, alpinista piemontese ed Istruttore Nazionale di Alpinismo dal CAI, salgono per le facili balze rocciose.
La via è stata ristrutturata cinque anni fa ed infatti si nota l’attenzione alla sicurezza delle ultime attrezzature: mai difficile e pericolosa, nonostante la lunghezza non indifferente e l’adrenalinico lungo ponte tibetano.
Purtroppo l’abbiamo trovata infida nel primo tratto ancora in ombra: l’umidità della notte rendeva scivolosi i facili passaggi, costringendoci ad un’attenzione maggiore.
Prima di noi partì un gruppo altrettanto numeroso, che però non ci ha rallentato e così, tutti e 25, abbiamo potuto goderci la salita in piena serenità.
Gli allievi ormai navigati alla fine del corso, procedevano sicuri ed autosufficienti sotto la supervisione dei loro istruttori. La tranquillità la si vedeva nei loro occhi, mentre arrampicavano sicuri sul percorso attrezzato.
Arrivati in cima il gruppo si è rifocillato prima di dividersi, fra chi scendeva subito verso casa e chi invece si fermava per cogliere l’opportunità di una vista guidata della millenaria Sacra.
Ottima giornata autunnale; ci vedremo presto alla classica cena conclusiva.
L’appuntamento di stamattina è al posteggio del Bione di Lecco dove, facendo scorrere lo sguardo tra i vari gruppi di alpinisti presenti in questo tradizionale punto di ritrovo, scorgiamo i nostri compagni che hanno formato un capannello, dal quale già si percepiscono buonumore ed allegria per la giornata di montagna che ci aspetta.
Suddivisi nelle varie auto ci avviamo verso il Sench di Daloo: uno sperone roccioso che sovrasta Chiavenna, che saliremo dalla via ferrata “Pietro Biasini”.
Dopo aver costeggiato il Lario e raggiunto la cittadina, lasciamo il fondovalle della Val Bregaglia per risalire i ripidi tornanti che portano all’abitato di Pianazzola, poco sotto del quale troviamo un piccolo posteggio con le indicazioni per la nostra via.
Con gli zaini in spalla risaliamo un castagneto caratterizzato da terrazzamenti in muro a secco e grossi macigni che costellano il pendio. Naso all’insù, si scorge la croce sulla cima della rupe, 500 metri sopra di noi.
Il breve cammino nel bosco conduce all’attacco della ferrata, che è “alla francese”, ovvero attrezzata con abbondanza di appigli artificiali ed un cavo in acciaio teso.
Gli istruttori ci suddividono in gruppi e, dopo avere indossato correttamente tutta l’attrezzatura necessaria, decisi attacchiamo la via. Questa si sviluppa fin dai primi metri in una una piacevole verticalità ed una elevata esposizione.
La prima placca ci porta rapidamente sopra il bosco, svelando un ampio panorama su Chiavenna, sui boschi color ruggine e sulle cime rocciose già imbiancate dalla prima neve. Anche se il cielo è bianco e nuvoloso, il colpo d’occhio è gratificante.
Facilitati dalle staffe che guidano i nostri passi risaliamo una serie di pareti verticali, qualche breve traverso e poi delle placche maggiormente “appoggiate”, alternate a piccoli terrazzi ricoperti dalla vegetazione, sui quali possiamo concederci qualche pausa.
Si nota una spiccata aridità dell’ambiente, come è testimoniato dalle piante grasse, dalle ginestre e dai cespugli aromatici che crescono nelle crepe della roccia. Alcune roverelle abbarbicate sulle cenge che raccolgono sufficiente suolo per le loro radici, portano i segni di un incendio non troppo lontano.
Arrampichiamo entusiasti uno spigolo esposto nei pressi di un camino, che risulta il tratto più intrigante della salita, sia per la vista laterale aperta sul vuoto, sia per l’effetto “adrenalina” che suscita. Al di sopra ci aspetta una placconata, con alcuni passaggi in aderenza ed altri in leggero strapiombo, ma la salita risulta sempre bene arrampicabile per tutti, grazie alle attrezzature presenti.
I nostri istruttori ci guidano in esercizi di equilibrio, elargendo consigli e controllando i nostri movimenti in modo discreto, ma continuo.
Impariamo che la roccia che stiamo scalando è uno gneiss, formatosi dal metamorfismo del granito. Presenta una superficie ruvida, per via dei grossi cristalli minerali sporgenti, che rendono saldo l’appoggio dei nostri piedi.
Dopo un ultimo tratto di sentiero nel bosco ed alcuni passaggi su facili roccette giungiamo al belvedere con la grande croce di legno e metallo posta a 1.100 m di quota, presso la quale ci congratuliamo per la bella salita ed aspettiamo i nostri compagni godendo ancora della vista sulle vallate, sui paesi montani e sulle cascate dell’Acquafraggia.
Alle nostre spalle il borgo di Daloo, circondato da pascoli ingialliti, ci riporta col pensiero ad antiche attività rurali e di pastorizia.
Dopo una breve merenda assistiamo ad una dettagliata dimostrazione di come si realizza un paranco per il recupero di un compagno in difficoltà, rendendoci conto delle possibili manovre da effettuare e di come non sia sempre facile metterle in pratica. Gli istruttori con pazienza rispondono alle nostre domande e ci mostrano attrezzature, nodi e tecniche che potrebbero tornarci utili in una situazione di emergenza.
Ci incamminiamo sul sentiero del ritorno che, attraverso una lunga serie di gradini irregolari costruiti con la roccia del posto, scende ripido nel bosco sbucando nella piazzetta di Pianazzola, qualche centinaio di metri a monte del punto in cui abbiamo lasciato le auto.
Tutti soddisfatti della bella giornata trascorsa insieme nella natura montana, ci salutiamo dandoci appuntamento alla prossima ferrata!
Questa mattina ci siamo ritrovati a Valbrona sotto una fine pioggerella, che poco invitava ad avventurarsi in montagna.
Fortunatamente il direttore della scuola di alpinismo, forte delle previsioni meteo studiate con cura, con la consueta vitalità ci ha spronato ad incamminarci e a rispettare il programma della giornata.
Abbiamo imboccato il sentiero che da Visino risale ripido verso la Colletta dei Corni e di qui prosegue con pendenza moderata, in direzione del rifugio SEV e del Corno Occidentale di Canzo. Il bosco vestito dei caldi colori d’autunno, ci ha regalato scorci bellissimi, mentre un po’ di chiacchiere lungo la salita di avvicinamento, ci hanno permesso di fare un po’ di conoscenza tra di noi. Il meteo, come previsto, si è rivelato favorevole.
Superata la faggeta ed attraversati i prati soprastanti, siamo presto giunti all’attacco della Ferrata del Venticinquennale, alla base della parete rocciosa meridionale del corno. Sotto l’occhio esperto degli istruttori abbiamo indossato l’attrezzatura e, assicurati al cavo, abbiamo attaccato la salita, che per alcuni di noi rappresentava il “battesimo” delle vie ferrate.
Siamo risaliti con calma e tranquillità da una prima placca e da un canalino, per poi affrontare il lungo ed impegnativo traverso panoramico, che caratterizza la via. All’uscita di questo abbiamo incontrato una scala metallica, che ci ha condotto alla base di un ultimo torrione roccioso, il quale presenta qualche passaggio verticale su placchette lisce ed un lieve strapiombo. Gli istruttori ci hanno costantemente guidato con pazienza, stando sempre molto accorti ai nostri movimenti ed elargendo utili consigli.
Terminata la ferrata, con una certa emozione, ci siamo complimentati gli uni con gli altri. Giunti in cima al Corno Occidentale attraverso il Passo della Vacca, mentre gli istruttori allestivano una sosta per la calata, ognuno di noi con cordini e moschettoni ha preparato la longe e tutto quanto necessario per assicurarsi durante la discesa in corda doppia. Uno alla volta ci siamo cimentati nell’esercizio, che ormai inizia ad esserci familiare, calandoci lungo il ripido canalino che incide il versante settentrionale del corno.
Ci siamo poi riuniti al Rifugio SEV, dove abbiamo pranzato, chi con le gambe sotto un tavolo e chi seduto sotto un albero. Il direttore ha quindi tenuto una breve lezione di cartografia “sul campo”, mostrando l’uso corretto di carta topografica e bussola e ci siamo poi confrontati sull’utilizzo di questi strumenti.
Soddisfatti per la bella escursione e per gli insegnamenti ricevuti, ci siamo poi incamminati lungo la via del ritorno, ripercorrendo a ritroso il sentiero di andata. Il bosco ammantato delle foglie cadute ci ha nuovamente accolto e tenuto compagnia fino al fondovalle, dove ci siamo salutati dandoci appuntamento alla prossima uscita.
Ieri la Scuola Alto Lario con i suoi allievi del corso M-F1 hanno messo in campo tutte le nozioni apprese durante la lezione a secco in palestra a Cantù e sapientemente allenato nei giorni scorsi a casa.
La partenza decretata dal nostro saggio “Art Director” ad un’ora antelucana, ha visto volti assonnati ed impazienti di scoprire il proseguo della giornata.
Inizio con temperature non proprio estive vista l’ora, che ci ha visto preparaci per la lezione sulle rocce della falesia Sassella in provincia di Sondrio, con tanto di piumino e cappello.
Suddivisi in gruppi, i partecipanti sono stati coinvolti per l’apprendimento delle manovre attraverso “stazioni divulgative” predisposte sulle pareti della falesia.
La palestra di roccia della Sassella è un piccolo gioiello perfettamente funzionale allo scopo formativo offrendo la possibilità di luoghi morfologicamente funzionali alla didattica e alla sicurezza.
Le stazioni formative di preparazione alla salita erano divise in: apprendimento di modi di legature, nodi per la progressione, manovre di autoassicurazione, basilari principi di movimentazione in sicurezza su corda, progressione in ferrata e calata in corda doppia.
Il sole che si è poi presentato all’appuntamento, ha riscaldato la roccia e tutti noi, che con rinvigorito entusiasmo, ci ha reso piacevole sia l’insegnamento che l’apprendimento.
La conclusione della giornata ha generato la speranza prima e la certezza poi, che tutto l’impegno profuso da istruttori e da allievi abbia generato una formazione apprezzata che sarà la base per il proseguo de nostro cammino.